"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Senza parole…

Sul caso Cosentino la cosiddetta “Casta” (almeno nella sua maggioranza) non ha perso l’occasione per garantire se stessa e la propria sopravvivenza nonostante tutte le dichiarazioni riferite al particolare momento di crisi del rapporto politica-cittadini: una trasmissione televisiva ha addirittura titolato la propria trasmissione di questa sera: “La rivincita della Casta”.

Per far sì che il titolo della trasmissioni non rappresenti la realtà dobbiamo ricordare i nominativi di chi ha contribuito a questa “rivincita” quando alle prossime elezioni avremo la possibilità di esprimere il nostro voto e, forse (se verrà modificata la legge elettorale chiamata “porcellum”), la nostra preferenza, mandando a casa chi pensa di riuscire sempre e comunque a “farla franca”.

“Sarebbe un delitto se, in cammino verso il federalismo, l’Italia mettesse in discussione le autonomie esist enti. Ma chi quelle autonomie le ha deve usarle sobriamente” di Eraldo Tonelli

sul tema segnalo il commento di Eraldo Tonelli pubblicato sul suo blog:

http://www.eraldotonelli.altervista.org/component/content/article/36-articolo-home/157-sarebbe-un-delitto-se-in-cammino-verso-il-federalismo-litalia-mettesse-in-discussione-le-autonomie-esistenti-ma-chi-quelle-autonomie-le-ha-deve-usarle-sobriamente.html

8.01.2011_Autonomia (o classe politica?) sotto attacco.

L’articolo di oggi a firma del giornalista Gian Antonio Stella mi ha ricordato la mia vecchia maestra delle scuole elementari e il suo modo “elementare” (per l’appunto) di spiegare l’autonomia della nostra regione e di quella di altre 4 regioni italiane: ricordo infatti che la motivazione principale (quella che, forse, da giovane scolaro ritenevo più importante o – più probabilmente – quella che alla maestra sembrava la più semplice da spiegare) era la vicinanza delle cinque “fortunate” regioni alla linea di frontiera.
Se tale elementare semplificazione poteva essere perdonata alla mia maestra (che doveva spiegare a noi bambini – possibilmente con parole semplici – il perché e il valore della nostra autonomia) leggere che quasi le stesse parole sono attribuite ad un giornalista che stimo per il suo impegno civile è piuttosto triste.
Questa semplificazione, infatti, non è ascoltata solo da una classe di giovani studenti ma da decine di migliaia di lettori italiani che non conoscono il significato vero e completo della parola “autonomia” nel contesto trentino e quindi può contribuire a formare un’idea non corretta della situazione trentina.
Anche se sicuramente qualcosa può essere corretto – e quindi ben venga un utile stimolo ad interrogarsi sul ruolo delle comunità di valle o delle circoscrizioni comunali e su come migliorare il funzionamento di entrambe al fine di valorizzare la partecipazione popolare e ottenere economie di scala e maggiore qualità dei servizi pubblici – occorre ribadire che i confronti (di costi, di dotazioni, di investimenti) non possono essere fatti in modo semplicistico; ciascun dato deve essere ponderato sulla base delle maggiori competenze regionali o provinciali che in molto casi sono sensibilmente maggiori rispetto alle altre regioni italiane (da qui la necessità di un maggior numero di dipendenti pubblici) e soprattutto sulla base dei maggiori livelli qualitativi (con riferimento per esempio alla scuola o alla sanità).
Purtroppo anche molti trentini e tra loro molti politici semplificano in maniera eccessiva il significato della nostra autonomia; si assiste così, da una parte, a una mancanza di responsabilità nella gestione della cosa pubblica e, dall’altra, a una mancanza di consapevolezza di quanto sia importante la partecipazione e il contributo di tutti nella gestione della nostra autonomia.
Partendo da ciò che dice Gian Antonio Stella “Sarebbe un delitto se, in cammino verso il federalismo, l’Italia mettesse in discussione le autonomie esistenti. Ma chi quelle autonomie le ha deve usarle sobriamente.” credo che, per consentire alla nostra autonomia di crescere e migliorarsi di giorno in giorno, sia necessaria l’apertura di un “vero cantiere” volto sia alla formazione di una classe dirigente capace di valorizzare ciò che i nostri predecessori ci hanno consegnato, sia alla diffusione di un forte tessuto culturale e conoscitivo in grado di far emergere, da noi cittadini, i veri bisogni del nostro territorio.