«A COLORO I QUALI DOMANDAVANO QUANDO SAREBBERO TERMINATI I LAVORI DELLA SAGRADA FAMÍLIA, RISPONDEVO: IL MIO CLIENTE NON HA ALCUNA FRETTA. DIO HA TUTTO IL TEMPO DEL MONDO.»
Antoni Gaudí

«A COLORO I QUALI DOMANDAVANO QUANDO SAREBBERO TERMINATI I LAVORI DELLA SAGRADA FAMÍLIA, RISPONDEVO: IL MIO CLIENTE NON HA ALCUNA FRETTA. DIO HA TUTTO IL TEMPO DEL MONDO.»
Antoni Gaudí
“L’eccessiva ambizione dei propositi può essere rimproverabile in molti campi d’attività, non in letteratura.
La letteratura vive solo se si pone degli obiettivi smisurati, anche al di là d’ogni possibilità di realizzazione. Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuerà ad avere una funzione.
Da quando la scienza diffida dalle spiegazioni generali e dalle soluzioni che non siano settoriali e specialistiche, la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo.”
Italo Calvino in “Lezioni americane”
“La nebbia ha dato un senso al mio vagabondare.
Quella nera dei pini e quella bianca, canterina, degli uccelli che chiamano i treni a fondovalle.
Com’è saggio non riuscire a vedere lontano, poter immaginare ma non farlo, offrire tutta l’attenzione solo a ciò che è vicino.
La nebbia è chiarezza e imminenza di verità: ciò che occorre al presente.
Vorrei che la mia penna fosse leggera come la nebbia ma c’è troppo pensiero in questo assurdo mestiere, c’è troppa ragione. Invece la nebbia sta dove concerne, dove deve, semplifica le trame.
Sì, vorrei che la mia luce fosse pura, definita come quando inavvertitamente, a un tratto, intimidita, la nebbia arretra.
Resta solo un tremolo ansimare: la vita.”
Emiliano Cribari in “diari casagliesi”
“… dopo la curva, percorrerò qualche decina di metri e salirò sul terrapieno di sinistra. I pochi decimetri in più di dislivello rispetto alla traccia asfaltata, insignificanti altrove, qui sprigionano orizzonti e privilegi inaspettati: le geometrie delle vasche d’allevamento del pesce nelle valli, sterrati perfettamente rettilinei che sembrano portare da nessuna parte, campi di mais a perdita d’occhio, casolari abbandonati.”
Ioannis K. Schinezos in “Foce. Taccuini dal Delta del Po.
Un fotografo di natura percorre le solitarie distese del Delta del Po, tra i rami terminali del fiume. Cerca di catturare i colori della terra, le tonalità dei vasti cieli, il volo degli uccelli, la melanconia dei casolari abbandonati, l’umore delle acque.
Durante il suo lavoro annota tutto quello che normalmente sfugge al frettoloso viaggiatore di passaggio, mosaici minimi ed elementari, ovvi ed evidenti e pertanto invisibili, che alla fine disegnano il mondo esterno e la nostra esistenza. Descrive semplicemente, con il criterio essenziale dei bambini. Non cerca il contatto della gente, appunta solo frammenti di discorsi rapiti casualmente. Tiene accanto il libro di Gianni Celati Verso la foce, compagno di viaggio e taccuino del tutto particolare, annotando negli spazi vuoti tra le pagine del libro, come per completarlo, come per creare un testo nel testo, come per omaggiare lo scritto originale. Nasce così un viaggio intimo per immagini e per parole sui percorsi del Delta del Po.
Dalla seconda di copertina del libro “Foce. taccuini dal Delta del Po”
“La tema degli incendi era sì viva che nelle lunghe notti invernali gli uomini, a turno, investiti della simbolica autorità loro conferita dal privilegio di tenere in pugno l’alabarda, vegliavano nelle strade del paese pronti a dar l’allarme in evenienza di fuoco.
Ma c’è di più: per oltre un secolo Monzón e Ronc avevano con commovente perseveranza risparmiato il bosco di Borsech, folto di gigantesche conifere, che sarebbero servite a ricostruire le case e i tobià qualora il fuoco, per avverso destino, li avesse devastati.”
Aldo Gorfer in “solo il vento bussa alla porta”