“Una descrizione di paesaggio, essendo carico di temporalità, è sempre racconto: c’è un io in movimento che descrive un paesaggio in movimento, e ogni elemento del paesaggio è carico di una sua temporalità cioè della possibilità di essere descritto in un altro momento presente o futuro.”
Italo Calvino citato da Ioannis K.Schinezos in “Foce. Taccuini dal Delta del Po”
“Io però adesso non riuscivo a dormire e mi rigiravo nella branda.
A quell’ora mio padre s’era già alzato, s’era affibbiato ansando i gambali, e infilato la cacciatora gonfia d’arnesi. Mi pareva di sentirlo muovere per la casa ancora addormentata e buia, svegliare il cane, chetare i suoi latrati, e parlargli e rispondergli. Scaldava la colazione al gas, per il cane e per sé; mangiavano insieme, nella fredda cucina; poi si caricava una cesta a tracolla, un’altra in mano, e usciva, a lunghi passi, la bianca barba caprina avvolta nella sciarpa. Per le mulattiere della campagna il suo passo pesante, accompagnato dal sonaglio del cane, e il suo continuo tossire e scatarrare erano come il segno dell’ora, e chi abitava lungo la sua strada sentendolo mezzo nel sonno capiva che era tempo di levarsi. Giunto col primo sole al suo podere, dava la sveglia ai contadini, e prima che fossero sul lavoro aveva già girato fascia per fascia e visto il lavoro fatto e da fare e cominciato a gridare e imprecare riempiendo della sua voce la vallata.
Più s’inoltrava nella sua vecchiaia, più la sua polemica col mondo si concretava in quell’alzarsi presto, in quell’essere il primo in piedi in tutta la campagna, in quella perpetua accusa verso tutti: figli, amici, nemici, d’essere un branco d’inutili infingardi.
E forse i soli momenti suoi felici erano questi dell’alba, quando passava col suo cane per le note strade, liberandosi i bronchi del catarro che l’opprimeva la notte, e guardando pian piano dal grigio indistinto nascere i colori nei filari delle vigne, tra i rami degli olivi, e riconoscendo il fischio degli uccelli mattinieri uno per uno.
Così seguendo col pensiero i passi di mio padre per la campagna, m’addormentai; e lui non seppe mai d’avermi avuto tanto vicino.
“Adesso che ho sessant’anni ho ormai capito che il compito dello scrittore sta solo nel fare quello che sa fare: per il narratore sta nel raccontare, nel rappresentare, nell’inventare.
Da molti anni ho smesso di stabilire precetti sul come si dovrebbe scrivere: a che serve predicare un certo tipo di letteratura o un certo altro, se poi le cose che ti vengono da scrivere sono magari tutte diverse?
Ho impiegato un po’ di tempo a capire che le intenzioni non contano, conta quello che uno realizza.
Così questo lavoro letterario diventa anche un lavoro di ricerca di me stesso, di comprensione di ciò che sono.”
“Bastava chiudessi gli occhi e rivedevo le file di profughi con le mani rugose attorno ai piatti della minestra.
La guerra aveva quel colore e quell’odore; era un continente grigio, formicolante, in cui ormai c’eravamo addentrati, una specie di Cina desolata, infinita come un mare.”
“La luna di pomeriggio nessuno la guarda, ed è quello il momento in cui avrebbe più bisogno del nostro interessamento, dato che la sua esistenza è ancora in forse.
È un’ombra biancastra che affiora dall’azzurro intenso del cielo, carico di luce solare; chi ci assicura che ce la farà anche stavolta a prendere forma e lucentezza?
È così fragile e pallida e sottile; solo da una parte comincia ad acquistare un contorno netto come un arco di falce, e il resto è ancora tutto imbevuto di celeste.“