“Quando arrivo in un paese rallento. Mi fermo. Chiudo gli occhi.
Respiro nell’incavo più profondo del petto. Mi sento eletto. Ringrazio.
Preparo i sensi al disvelarsi, imminente, del sacro. Li invito a fluire oltre il corpo. A scivolare. A farsi incontro, sguardo, ascolto. Nei paesi arroccati sull’Appennino tutto parla, tutto tace. Ogni odore è una radice. Ogni pietra è una fatica, un pianto, un sorriso: una storia.”
“In quegli anni disprezzavo profondamente – e non ho cambiato idea – la fotografia turistica, i safari fotografici in luoghi esotici.
Pensavo, e lo penso ancora, che fare fotografie fosse sinonimo di abitare: volevo abitare i luoghi attraverso la fotografia, non mi sentivo in grado e pensavo fosse eticamente riprovevole descrivere un luogo che non fosse all’interno del mio vissuto e della mia esperienza quotidiana.”
Guido Guidi in “Racconti del paesaggio” a cura di Roberta Valtorta
“Lambrate è uno dei quartieri simbolo della cintura milanese.
Ci sono notizie, tracce, fin dall’antica Roma. Qui vennero accolti i milanesi dopo che il Barbarossa distrusse Milano, qui passò Renzo Tramaglino, in fuga verso Trezzo d’Adda, qui la Innocenti, dal secondo dopoguerra, produsse un numero spropositato di (appunto) Lambrette.”
Gianni Biondillo e Michele Monina in “Tangenziali”
“… qui è tutto diverso, persino la logica insediativa cambia. È più caotica, meno coerente.
Un palazzone di case popolari, sei piani fuori terra, prospiciente a una serie di capannoni. Una villa col mattone paramano a vista, con la loggia falsorinascimentale che si affaccia su un deposito, senza soluzione di continuità, senza cesure. Silos, depositi, aree incolte, gasometri, fabbri, persino cavalli, tacchini, galline.
Un caos insediativo, illogico, che ho visto in molte parti d’Italia, spessissimo al Sud, come a volermi ricordare che ci assomigliamo più di quanto crediamo di distinguerci.”
Gianni Biondillo in “Tangenziali” parlando della zona attorno a Cologno monzese
“Ogni città è un palinsesto, un documento sul quale si continua a scrivere, giorno dopo giorno, secolo dopo secolo, senza che nulla venga davvero perduto. Magari nel nome di una via, nella pietra angolare di un edificio, nei ricordi dei suoi abitanti; la memoria, nelle città, non si fa tempo, si fa spazio. Ogni città racchiude in sé il passato e il futuro, il suo talento e la sua vocazione. Le città sono la scommessa dell’umanità, il luogo dove tutto può finire o tutto può ricominciare daccapo.”
Gianni Biondillo e Michele Monina in “Tangenziali”
“Chi viaggia sa che il tempo è elastico. La stessa strada fatta in circostanze diverse può sembrare lunghissima e corta; e sull’acqua questa percezione diventa ancora più forte. I Greci l’avevano capito e avevano tre modi di chiamare il trascorrere delle ore.
Uno è kronos, il tempo del gran da fare, scandito da appuntamenti e preoccupazioni.
Il secondo è aion, che è tutt’altra cosa: l’infinito, incommensurabile eterno presente che si assapora nei momenti di ozio, e che solo gli dèi sanno misurare.
Il terzo, il più inafferrabile, porta il nome di kairos, che significa l’occasione, l’imprevisto che ti taglia la strada e ti ribalta la vita.
Dei tre il più temibile è il primo, perché crea un’accelerazione tale da accorciarla; e infatti Kronos non è una madre che nutre i figli ma un padre spietato che li divora. Un uomo impegnato può farsi divorare dalla sua agenda, e la montagna di posta inevasa che lo attende alla fine di una trasferta può essere tale da rovinare la dolcezza del nostos, il ritorno a casa.
A quel punto il malcapitato preferisce smaltire la corrispondenza in viaggio, ma così lascia che kronos gli tolga kairos, l’occasione di incontro che fa il sale della libertà, e gli uccida quel silenzio interiore capace di connetterlo a quel po’ di aion che gli dèi gli concedono.”