"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

La mappa: verità o menzogna

“Si dice che leggere le mappe sia un’arte; ed è vero per potersi districare tra le strade.

Ma tra la carta e il mondo esterno il vuoto è incolmabile, e alla fine si arriva alla conclusione che le mappe mentono senza volerlo. Lì fuori è tutt’altra storia e occorre camminare per capire davvero; le mappe sono solo la sintesi bidimensionale e inanimata del territorio, e fine.

E i grandi vuoti che si vedono sulle mappe del Delta, tra una strada e l’altra, un abitato e l’altro, vuoti non sono affatto.”

K.Schinezos in “Foce. Taccuini dal Delta del Po”

Piccole solitudini

“Sulla piccola panchina accanto alla fermata della corriera è seduto un signore anziano, camicia a quadri aperta, canottiera, sguardo smarrito; mi segue con gli occhi e risponde al mio saluto con un movimento del capo, senza parlare o cambiare espressione. Passandogli accanto vedo, poggiati sulla panchina, un bastone e sacchetti di plastica.

La grande solitudine non è altro che un insieme di piccole solitudini.”

K.Schinezos in “Foce. Taccuini dal Delta del Po”

Umiltà

“Recuperare il concetto di spazio «pieno» significa fare i conti, e dunque contrattare, con la dimensione ambientale, sociale, culturale con cui in ogni momento entriamo in contatto, partendo dalla consapevolezza di fondo che quando si sale in montagna (ma non solo in montagna, ovviamente) si entra in uno spazio già occupato con cui fare i conti, significa farsi umili e mettersi in relazione con qualcosa che preesiste, riduce la sfera dei nostri diritti e amplifica quella dei nostri doveri.

“Oltre gli immaginari dicotomici” di Mauro Varotto in “Metromontagna

Momenti

“Una descrizione di paesaggio, essendo carico di temporalità, è sempre racconto: c’è un io in movimento che descrive un paesaggio in movimento, e ogni elemento del paesaggio è carico di una sua temporalità cioè della possibilità di essere descritto in un altro momento presente o futuro.”

Italo Calvino citato da Ioannis K.Schinezos in “Foce. Taccuini dal Delta del Po”

Tutte le rovine si assomigliano e tutte sono diverse

“Lungo la strada, vecchi casolari che crollano: il tempo passa, e passano i tempi.

Le pietre sbriciolate non cercano di attirare nulla e nessuno, danno le spalle a chi guarda e rimangono in silenzio.

Tutte queste rovine si assomigliano e tutte sono diverse, avvolte dalla quiete e dall’abbraccio dei rampicanti.”

Ioannis K. Schinezos in “Foce. taccuini dal Delta del Po”

e lui non seppe mai d’avermi avuto tanto vicino

“Io però adesso non riuscivo a dormire e mi rigi­ravo nella branda.

A quell’ora mio padre s’era già alzato, s’era affibbiato ansando i gambali, e infila­to la cacciatora gonfia d’arnesi. Mi pareva di sen­tirlo muovere per la casa ancora addormentata e buia, svegliare il cane, chetare i suoi latrati, e par­largli e rispondergli. Scaldava la colazione al gas, per il cane e per sé; mangiavano insieme, nella fredda cucina; poi si caricava una cesta a tracolla, un’altra in mano, e usciva, a lunghi passi, la bianca barba caprina avvolta nella sciarpa. Per le mulat­tiere della campagna il suo passo pesante, accom­pagnato dal sonaglio del cane, e il suo continuo tossire e scatarrare erano come il segno dell’ora, e chi abitava lungo la sua strada sentendolo mezzo nel sonno capiva che era tempo di levarsi. Giunto col primo sole al suo podere, dava la sveglia ai contadini, e prima che fossero sul lavoro aveva già gi­rato fascia per fascia e visto il lavoro fatto e da fa­re e cominciato a gridare e imprecare riempiendo della sua voce la vallata.

Più s’inoltrava nella sua vecchiaia, più la sua polemica col mondo si concre­tava in quell’alzarsi presto, in quell’essere il primo in piedi in tutta la campagna, in quella perpetua accusa verso tutti: figli, amici, nemici, d’essere un branco d’inutili infingardi.

E forse i soli momenti suoi felici erano questi dell’alba, quando passava col suo cane per le note strade, liberandosi i bron­chi del catarro che l’opprimeva la notte, e guardan­do pian piano dal grigio indistinto nascere i colori nei filari delle vigne, tra i rami degli olivi, e ricono­scendo il fischio degli uccelli mattinieri uno per uno.

Così seguendo col pensiero i passi di mio padre per la campagna, m’addormentai; e lui non seppe mai d’avermi avuto tanto vicino.

Italo Cavino, da “L’entrata in guerra”