"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

MA | RE di Roberto Pireddu

Congratulazioni, per questo bel progetto, a Roberto Pireddu che lo ha ben raccontato nell’iniziativa Visions 19 di myphotoportal. Riporto un estratto dalla presentazione del progetto sul sito dell’autore e il link della puntata di Visions 19:

“𝑀𝐴 | 𝑅𝐸
𝐼𝑙 𝑃𝑜𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑒́ 𝑙𝑎 𝑠𝑝𝑖𝑎𝑔𝑔𝑖𝑎 𝑐𝑖𝑡𝑡𝑎𝑑𝑖𝑛𝑎 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑔𝑙𝑖𝑎𝑟𝑖, 𝑐𝑎𝑝𝑜𝑙𝑢𝑜𝑔𝑜 𝑒 𝑝𝑖𝑢́ 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑑𝑒 𝑒 𝑝𝑜𝑝𝑜𝑙𝑜𝑠𝑜 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑢𝑟𝑏𝑎𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑆𝑎𝑟𝑑𝑒𝑔𝑛𝑎.
𝐸’ 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑎 𝑖𝑙 𝑓𝑖𝑜𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙’𝑜𝑐𝑐ℎ𝑖𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑖𝑡𝑡𝑎̀ 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑒 𝑠𝑢𝑒 𝑑𝑢𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑠𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑎 𝑓𝑖𝑛𝑖𝑠𝑠𝑖𝑚𝑎, 𝑙’𝑎𝑐𝑞𝑢𝑎 𝑐𝑟𝑖𝑠𝑡𝑎𝑙𝑙𝑖𝑛𝑎 𝑒 𝑢𝑛 𝑓𝑜𝑛𝑑𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑣𝑎 𝑎𝑖 𝑏𝑎𝑔𝑛𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑒𝑔𝑔𝑖𝑎𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑒𝑐𝑖𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖 𝑎𝑣𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑙’𝑎𝑐𝑞𝑢𝑎 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑐𝑎𝑣𝑖𝑔𝑙𝑖𝑒. (..) 𝐿𝑢𝑛𝑔𝑜 𝑔𝑙𝑖 𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑖𝑙𝑜𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖 𝑒 𝑝𝑖𝑢́ 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎, 𝑜𝑔𝑔𝑖, 𝑠𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑒𝑟𝑛𝑎𝑛𝑜 𝑓𝑎𝑡𝑖𝑠𝑐𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡𝑢𝑟𝑒 𝑎𝑏𝑏𝑎𝑛𝑑𝑜𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑎𝑙 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑑𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑜 𝑒 𝑑𝑖𝑠𝑎𝑟𝑚𝑜𝑛𝑖𝑐𝑖 𝑠𝑡𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑏𝑎𝑙𝑛𝑒𝑎𝑟𝑖. 𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑑𝑒𝑐𝑒𝑛𝑛𝑖𝑜 𝑓𝑎 𝑜𝑟𝑚𝑎𝑖, 𝑝𝑟𝑒𝑐𝑖𝑠𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑛𝑒𝑙 2002, 𝑖𝑛𝑜𝑙𝑡𝑟𝑒, 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑎𝑛𝑜𝑣𝑟𝑎 𝑠𝑝𝑟𝑒𝑔𝑖𝑢𝑑𝑖𝑐𝑎𝑡𝑎, 𝑛𝑒𝑙 𝑡𝑒𝑛𝑡𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑝𝑟𝑖𝑠𝑡𝑖𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑠𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑎 𝑓𝑖𝑛𝑖𝑠𝑠𝑖𝑚𝑎 ℎ𝑎 𝑚𝑜𝑑𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑖𝑣𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑖𝑙 𝑐𝑜𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑒 𝑙𝑎 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑢𝑙𝑜𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑎𝑟𝑒𝑛𝑖𝑙𝑒 𝑐𝑟𝑒𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑢𝑛 𝑙𝑖𝑡𝑜𝑟𝑎𝑙𝑒 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎 𝑠𝑐𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑎 𝑔𝑟𝑜𝑠𝑠𝑜𝑙𝑎𝑛𝑎 𝑒 𝑑𝑖𝑠𝑜𝑚𝑜𝑔𝑒𝑛𝑒𝑎…”

https://www.myphotoportal.com/it/journal/Visions_19_Roberto_Pireddu-2101/

Visions 11 – by myphotoportal con Alfredo Bosco

A “caldo” [oggi forse un po’ meno in quanto si tratta di un post dello scorso anno] non posso che fare le congratulazioni all’autore Alfredo Bosco. Non credo sia stato facile leggere in maniera cosi precisa il proprio territorio nella sua parte forse meno bella. È molto piu facile documentare ciò che di bello c’è o c’è stato aggiungendo in quest’ultimo caso un po’ di effetto nostalgia…
Segno il sito dell’autore http://www.alfredobosco.com per le prossime perlustrazioni…

Riporto di seguito il link del suo intervento sul canale Instagram di myphotoportal: https://www.instagram.com/tv/CZwIvXzgYp4/?igshid=YmMyMTA2M2Y=

Il paesaggio che resiste. La Val di Gresta, 40 anni dopo (di Marco Pontoni)

Come cambia il paesaggio rurale quando lo sviluppo incalza? Come cambia ad esempio quello della “valle degli orti” trentina per eccellenza, la val di Gresta? Se lo  era chiesto il geografo triestino Alessandro Cucagna, glorioso esempio di studioso e cattedratico “mitteleuropeo”, classe 1917, che nel l977-78 visitò a più riprese il Trentino meridionale ed in particolare i territori delle sette comunità che appartenevano all’antica pieve di Gardumo. “Questo paesaggio agrario – scrisse nei suoi appunti – così ricco di contrasti, è lo specchio fedele di un gruppo umano che in parte è rimasto contadino (…) e in parte gravita sulle industrie di Mori o della cintura roveretana, cioè è costituito da operai che fanno i contadini part time”. A 40 anni di distanza Guido Benedetti continua a tornare in quei luoghi armato della sua macchina fotografica e della sua passione per il territorio. Dal suo percorso è nata anche una mostra e poi il libro Gardumo 77.78 – 17.18

Benedetti, la prima cosa che colpisce della sua ricerca fotografica è che non è mai oleografica. Nelle sue foto ci sono sia il bel bosco che la casa o il viadotto. Insomma, il paesaggio umanizzato. Qual è la “filosofia” che sta dietro i suoi scatti?

Il protagonista dei miei lavori è sempre il territorio in cui vivo, che racconto cercando di cogliere alcuni frammenti della realtà quotidiana. Cerco di valorizzare all’interno del fotogramma, con inquadrature e tagli particolari, quello che in realtà si offre allo sguardo di tutti ma a cui, normalmente, non si presta particolare attenzione.

Com’è iniziata la sua ricerca in val di Gresta?

L’idea era quella di esplorare questo territorio così particolare facendomi accompagnare da alcuni documenti del geografo Alessandro Cucagna. La riscoperta dei suoi scritti mi ha portato a cercare di trasformare in fotografie le emozioni che via via prendevano piede in me nel corso della lettura. Visto, poi, che il suo diario risaliva a circa a 40 anni fa, ho pianificato il mio lavoro seguendo sia il percorso fisico che quello temporale di Cucagna rispettando, per quanto possibile, anche le date delle sue uscite sul territorio.

Chi era Alessandro Cucagna, a cui ha dedicato un libro?

Alessandro Cucagna è stato un grande geografo triestino, che divenne anche direttore dell’Istituto di Geografia dell’università di Trieste. Nel 1972, per ragioni familiari, rivolse la propria attenzione al Trentino, in particolare alla Vallagarina, alla valle di Gresta e alle valli del Leno. Se all’inizio Cucagna era, per me, il “professore” dal quale imparare un metodo per studiare un territorio, attraverso fonti scritte e iconografiche ma anche sviluppando un rapporto diretto con gli abitanti incontrati nei molti sopralluoghi, poi “Alessandro”, scomparso nel 1987, è diventato l’amico con il quale, oltre a condividere la passione per la cartografia storica, ho deciso di dare vita al libro che ritengo quindi essere frutto di un lavoro “a 4 mani”.

La domanda è d’obbligo: quanto è cambiato il paesaggio della valle di Gresta negli ultimi 40 anni?

Il territorio della valle di Gresta in realtà in questi 40 anni non ha subito cambiamenti radicali, rimanendo ai margini dei cambiamenti che hanno invece toccato altre località del Trentino. Ciò rappresenta sicuramente un fattore positivo perché, oggi, con una sensibilità ecologica molto più diffusa rispetto al passato, è possibile puntare ad uno sviluppo della valle equilibrato e ambientalmente sostenibile, limitando gli effetti negativi che altre località stanno scontando.

Estratto da Trentino Mese di maggio 2021

Originale su https://www.tm-online.it/il-paesaggio-che-resiste-la-val-di-gresta-40-anni-dopo/.

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Autore:

Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo “Music Box” e la raccolta di racconti “Vengo via con te”, ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.

Scrivi a gardumo@guidobenedetti.it per acquistare una copia del libro.

“due.uno.nove” di Giovanni Minervini

DI/VISO 10

Oggi ho guardato una vecchia puntata (la decima) dell’iniziativa di DI/VISO promossa da myphotoportal e da FPmag. L’iniziativa consiste in una serie di conversazioni condotte da Salvatore Picciuto e Sandro Iovine con una serie di autori che utilizzano un sito internet prodotto da myphotoportal.

La decima puntata (andata in onda lo scorso 24 novembre) è stata dedicata al lavoro dal titolo due.uno.nove di Giovanni Minervini.

Il lavoro, dedicato alla lettura del territorio campano dopo il sisma del 1980 e in particolare dopo l’approvazione della legge “ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti.”, mi ha profondamente colpito sia per le immagini prodotte da Giovanni, di grande qualità e in grado di emozionare da sole anche senza alcun commento, che, soprattutto, per il grande lavoro svolto dall’autore sia nella preparazione del progetto e nella raccolta del materiale a supporto che nello svolgimento dello stesso.

Basta l’incipit della presentazione che l’autore riporta sul suo sito (www.giovanniminervini.it) “nell’arco di tre anni ho percorso oltre 1.300 km tra i 17 comuni individuati per la realizzazione di questi insediamenti: un cammino nel post terremoto delle vite degli altri, una ricerca di tracce e di un modo nuovo di vedere le cose” per capire infatti che due.uno.nove è un grande progetto di ricerca fotografica dove accanto alle immagini vi è una documentazione approfondita su quanto successo dopo il terremoto.

Oltre alla qualità del progetto fotografico Giovanni è riuscito a comunicare a tutti gli ascoltatori la sua passione per la fotografia e per questo tipo di lavori di ricerca fotografica di territorio.

Personalmente mi sono già segnato l’indirizzo internet del sito di Giovanni (che ho già, almeno in parte, sbirciato) e sicuramente nei prossimi giorni dedicherò una parte del mio tempo libero a studiare i suoi lavori.

Concludo con un grazie a Giovanni, Salvatore e Sandro per la bella presentazione e un invito a tutti a rivedere la conversazione n. 10 di DI/VISO  (la trovate su face book al seguente indirizzo https://www.facebook.com/77362270651/videos/3307310479367976 e su instagram qui https://www.instagram.com/p/CH833fjnI9q/) e a scoprire il sito dell’autore.


P.S. Ho avuto conferma, poi, che il mondo è proprio piccolo: io e Giovanni Minervini abbiamo partecipato con una nostra immagine a “REST COVID-19 DONATION. I FOTOGRAFI DELLA RIVISTA REST PER LA CROCE ROSSA”, l’iniziativa benefica ideata da Fulvio Bortoluzzo (vedi https://www.facebook.com/borful/posts/10219058582309683)

P.S.2 Riporto di seguito alcuni passaggi della presentazione di Fulvio Bortoluzzo:

“… è il pensiero quello che motiva l’atto fotografico”.
“Le fotografie, quelle davvero buone, sono agenti provocatori di pensiero. Spingono a riconsiderare quello che si pensava di sapere, inducono al dubbio e si rifiutano di dare risposte perché le risposte sono dentro chi le guarda, forse. Un buon fotografo questo fa.”