"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

La città che cambia

La città, infatti, come ci ricorda il sociologo Allievi è molto più di uno spazio: è un luogo, con una vita e una sua memoria. E’ molto più di un insieme di strutture (non solo architettoniche): è un complesso di funzioni, che giocano un ruolo cruciale nei meccanismi della comunicazione tra gli uomini. E’ molto più di un fatto urbanistico: è un fatto urbano – un aggettivo che definisce una civiltà, un modo di essere e di pensare.

E’ soprattutto un luogo abitato, forse privo in sé di anima ma abitato da persone che spesso ritengono di possederne una, non solo individualmente: anche come collettività, come culture condivise, come comunità.”

Luca Chistè in “Il volto urbano dell’Oltrefersina: una circoscrizione che cambia”

Grazie a Luca Chistè per questo bel regalo.

Muri

“Ci sono muri poveri, muri secchi e asciutti, costruiti adagio, senza calce, senza modificare le pietre della terra o del mare, muri poveri che stanno su per miracolo, per difendere quel poco che c’è da difendere nella melanconia della povertà e poi ci sono muri ricchi, muri scolpiti, muri organizzati, muri di granito e muri disegnati, muri pesanti, muri spessi, muri grossi, muri spaventosi, muri che proteggono l’oro, le armi, le prigioni, le antiche famiglie, i re antichi e i re di oggi.”

Ettore Sottsass in “Di chi sono le case vuote?”

Bonifiche e paesaggio

“Il diverso approccio alla bonifica, fra tecniche rudimentali e tecniche meccaniche, si coglie osservando l’assetto dei territori e consente quasi di storicizzare l’avanzata della bonifica in direzione della costa.

Con il termine di ‘terre vecchie‘ si designano quelle portate a bonifica in epoche precedenti al XIX secolo, dove la pezzatura delle campagne, sebbene ordinata in senso geometrico, è di dimensioni più ridotte e comunque ormai largamente contrassegnata da destinazioni policolturali, alberature, case sparse, villaggi, paesi, monumenti isolati come ville e poderi nobiliari. Le strade seguono andamenti sinuosi assecondando i canali e gli antichi decorsi fluviali. Sono, a titolo esemplificativo, le terre ferraresi lungo il Po di Primaro, quelle polesane fra Badia e Fratta.

Con il termine di ‘terre nuove‘ ecco invece le zone redente in epoca recente con il contributo di ingenti capitali, forniti da consorzi di proprietari o da enti pubblici. Qui si sono utilizzati esclusivamente i sistemi di prosciugamento meccanico. Vi predominano le linee orizzontali, i campi privi di alberature, l’assoluta uniformità degli spazi, l’assenza di insediamenti. Dagli edifici idraulici spuntano, come tentacoli, le condutture metalliche delle idrovore. Nella rete stradale predomina la linea retta, assoluta, vòlta verso l’infinito. C’è una strada che corre rettilinea nel territorio della Grande Bonifica Ferrarese per oltre 30 chilometri: si chiama la ‘Gran Linea’.”

Da “Il Po dalla sorgente al Delta” del Touring Club Italiano

tutte le cose che si fanno sono sempre un po’ giuste e un po’ sbagliate

“… è quello che farò: cercherò di ricominciare da capo, per quello che è possibile ricominciare da capo dopo aver guardato le cose fatte, con una certa melanconia, e dopo aver constatato ancora una volta che tutte le cose che si fanno sono sempre un po’ giuste e un po’ sbagliate, sono sempre e senza pietà legate ai tempi e alle condizioni nelle quali si immagina di farle e poi che tutti i pensieri e tutte le azioni sono sempre fragili, senza pietà.”

Ettore Sottsass in “Di chi sono le case vuote”

Attraversare un fiume

“Un tempo attraversare il fiume, passare da una riva all’altra era compiere un rito nel quale si intrecciavano avici timori di incognito, speranze di novita, un più misurato senso dei luoghi e delle distanze I fiume è un confine netto, un taglio in un territorio morfologicamente unitario. Ogni sponda è al tempo stesso repulsiva e attrattiva. Le scarpate e le arginature impediscono di guardare ‘oltre’, di rendersi conto che la gente di la vive dopotutto allo stesso modo di quella ‘di qua’.”

Da “Il Po dalla sorgente al Delta” del Touring Club Italiano

Verdi meandri

“Quando la pendenza si riduce la corrente rallenta e si accentua la sinuosità del fiume. Fra Pavia e Cremona il Po forma dieci ampi meandri e almeno altrettanti ne lascia ‘fossili’ sul territorio, riconoscibili dal ribassamento del terreno, dalla ripartizione dei coltivi, dai filari e dai residui scoli irrigui. La storia del fiume resta incisa sulla crosta terrestre in modo inequivocabile e dimostra della sua volubilità. Alcuni andamenti sono remotissimi, altri meno e se ne conoscono le date, confrontando mappe e documenti. Una volta Lucio Gambi, maestro fra i geografi italiani, fece notare come la natura modifichi la geografia in modo molto più veloce dell’uomo. Se si guardano infatti sulla carta i limiti che dividono una regione dall’altra si vede come raramente seguano la linea mediana del fiume, ma stanno ora su una sponda ora sull’altra. Le loro fissità riprendono deflussi antichissimi, ormai scomparsi.”

Da “Il Po dalla sorgente al Delta “ del Touring Club Italiano