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Citazioni
31° incontro 239-241 nei giorni 21 e 22/09/2025
Breve sintesi fotografica dell’incontro “31° anno” degli ex commilitoni dei corsi 239 e 241 che hanno svolto tutto o parte del proprio anno di “naja” a Tonezza del Cimone nel 1993/1994.












































Una (o mille) città
“La città per chi passa senza entrarci è una, e un’altra per chi ne è preso e non ne esce; una è la città in cui s’arriva la prima volta, un’altra quella che si lascia per non tornare; ognuna merita un nome diverso…”
In “Irene”, una delle 55 città invisibili di Italo Calvino

L’arte da imparare
“…l’arte da imparare in questa vita non è quella di essere invincibili e perfetti, ma quella di saper essere come si è, invincibilmente fragili e imperfetti.”
Alessandro d’Avenia in “L’arte di essere fragili”

Discorsi che vengono dagli occhi
Durante la correzione di un tema dedicato alla lettura e dopo aver letto che “leggere implica un atto di responsabilità (…) il professore appoggia la penna, alza lo sguardo come un allievo perso in qualche tantasticheria, e si domanda – oh! soltanto fra sé e sé – se alcuni fim, però, non gli hanno lasciato ricordi simili a quelli dei libri. Quante volte ha “riletto” La morte corre sul fiume, Amarcord, Manhattan, Camera con vista, Il pranzo di Babette, Fanny e Alexander? Quelle immagini gli sembravano ricche del mistero dei segni. Certo, questi non sono discorsi da specialisti – lui non sa nulla della sintassi cinematografica e non capisce il lessico dei cinefili – sono discorsi che gli vengono dagli occhi, ma gli occhi gli dicono chiaramente che ci sono immagini di cui non si esaurisce il senso e la cui visione rinnova ogni volta l’emozione, e anche immagini televisive, sì: il viso del vecchio padre Bachelard, molto tempo fa, a ‘Lecture pour tous…’ il ciuffo di Jankélévitch ad ‘Apostrophe…’ quel gol di Papin contro il Milan di Berlusconi…”
Daniel Pennac in “Come un romanzo”

Riccardo Schweizer e le case artigianali di Mezzano
“Sono passati vent’anni [oggi siamo nel 1974].
La pubblicazione che ne esce, [rispetto a quella abbozzata nel 1953] oggi ha … un senso nuovo: non più soltanto quello di additare simili interventi umani a un pubblico raffinato, addetto ai lavori; non più soltanto il secondo scopo, quello di consegnare agli attuali e futuri abitanti un ricordo di se stessi e dei propri avi. Ma, e soprattutto, oggi, un tentativo di dimostrare che questi organismi possono essere salvati ed usufruiti anche in senso strettamente economico, con beneficio materiale e spirituale per tutti.
Il nuovo scopo è dunque quello, attualissimo, scottante, di mettere sull’attenti chi avesse «troppo» interesse per questo «prodotto» (ora lo si vorrebbe definire tale), a non sconsacrarlo.
Trascorso il tempo del suo significato poetico, con l’avvento della macchina, e quindi di un certo modo pianificato di costruire (modo importato dunque) e del parallelo avvento del turismo, questi organismi spontanei di puro spirito paesano, ora assumono un lussurioso sapore speculativo.
E’ per questo che chi sa con cognizione di causa e per esperienze fatte, della possibilità, di «usufruire» di simili organismi senza gli «inevitabili danni» predicati da tecnici frettolosi, oggi pubblica quest’opera.”
Riccardo Schweizer in “Mezzano” pubblicato a vent’anni dalle sue prime bozze
