"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Viaggi e fantasmi

“Quelli che viaggiano inseguono un fantasma che gli sfugge di continuo; sperano sempre di scoprire un certo modo di vivere che bene o male sia fondamentalmente diverso da tutti quelli che conoscono, e immaginano, non appena lo avranno trovato, di riuscire magicamente a entrare in contatto con questa esistenza meravigliosa, a comprenderla e a parteciparvi.”

Aldous Huxley in “Tutto il mondo è paese” (1926)

Il diritto di leggere ovunque

“All’assegnazione mattutina delle corvé, il soldato di seconda classe Tizio (Matricola 14672/1, …) si offre sistematicamente volontario per la corvé meno popolare, più ingrata, assegnata spesso a titolo di punizione, vero oltraggio agli onori più temprati: la leggendaria, infamante, innominabile corvé delle latrine.

Tutte le mattine.
Con lo stesso sorriso. (Interiore.)

(…)

Con la gravità estrema che precede l’assalto, egli afferra lo spazzolone da cui pende lo strofinaccio come se si trattasse dell’insegna della compagnia, e scompare (…).

Le ore passano.

È dato per perso.

È quasi dimenticato. 

È dimenticato.

Ma a fine mattina riappare, battendo i tacchi per il rapporto al maresciallo della compagnia: “Latrine impeccabili, mio signor maresciallo!” (…) Il soldato saluta, fa mezzo giro e si ritira, portando con sé il suo segreto.
Il segreto pesa un bel po’ nella tasca destra della tuta mimetica: 2900 pagine del volume che la Pléiade dedica alle opere complete di Nicolas Gogol’. Un quarto d’ora di strofinaccio per una mattinata di Gogol’… Ogni mattina da due mesi di inverno, comodamente seduto sul trono nella ritirata chiusa a doppia mandata, il soldato Tizio vola ben al di sopra delle contingenze militari. Tutto Gogol’!”

Daniel Pennac in “Come un romanzo”

Scena agreste e vita in città

“Quando vado in campagna la scena agreste mi piace per dieci minuti, ma poi l’odore, il sole, il vento, il fastidio, gli insetti, i ragni, gli scorpioni, i fili spinati con la ruggine, la paura del tetano…”

Edmondo Berselli in “Liù. Biografia morale di un cane”

Palomar, nuotatore fantasioso

“Un altro nuotatore fantasioso è Palomar, uomo che si tuffa per raggiungere bracciata dopo bracciata la saggezza, ma non è ancora arrivato, racconta Italo Calvino.

Palomar sono io, siamo noi, quando nuotiamo nella spada del sole, facciamo il morto contemplando nuvole vaganti, scivoliamo sulla liscia pelle del mare, sempre elucubrando sulla natura e sull’uomo, sulla grandezza e sulla miseria, sull’eternità e sulla caducità.”

Fabio Fiori in “L’abbraccio del mare”

Nei rapporti con le persone ci vuole tatto.

Gli antropologi spiegano che il tatto è per l’uomo un “movimento essenziale”, fisico e spirituale al contempo. Ci permette d’inerire al mondo, di sentirlo parte di noi e di sentirsi parte di lui. Nello stesso istante in cui l’ambiente ci tocca, noi lo tocchiamo. L’ho già scritto, l’immersione è sempre un’esperienza erotica, cioè tattile. Un tuffo, superficiale o profondo che sia, ci aiuta a mettere da parte per un momento il conoscere mentale, a vantaggio di quello carnale. Imbastiamo una relazione intima con la natura, con l’altro, con noi stessi.

La pelle è il più esteso degli organi di senso, forse la più animalesca, selvatica delle porte percettive. Possiamo chiudere gli occhi, le orecchie, la bocca e il naso, ma non la pelle. Non a caso si dice “toccare per credere” e il bambino ha un’innata predisposizione a conoscere il mondo toccandolo. Toccando noi facciamo esperienza cinetica, non solo con le mani. Ci si conosce stringendosi la mano, ci si saluta abbracciandosi.

Nei rapporti con le persone ci vuole tatto.

Fabio Fiori in “L’abbraccio del mare”

Quando la banalità scompare

“Mi sono fermato di recente sul Canal Grande, nell’autunno avanzato, di sera. Dei palazzi che vi si affacciano solo pochi erano illuminati, i più erano sprofondati nella penombra. (…) Al di sopra delle acque stava sospesa una bruma che smussava gli spigoli. Tra l’oscurità che cala e la nebbia che si infittisce, le forme diventano contorni.

La banalità scompare. Ero venuto al momento giusto.”

Predrag Matvejevic in “Venezia minima”