"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Case abbandonate

“Le case si capisce subito che sono abbandonate quando sembrano finalmente stare bene con tutto quello che c’è intorno, e prendono i colori dell’erba, della pioggia, del vento, delle cortecce, dei sassi, dei rovi e della terra; quando sembrano ancora più leggere, anche se a mettere radici imparano dagli alberi.
(…)
Tutto questo non è subito, che le case abbandonate iniziano a star bene con quello che hanno attorno solo dopo un periodo di tristezza in cui sembrano soltanto case vuote in attesa di un ritorno. Succede appena dopo l’abbandono, quando le cose aspettano ancora qualcuno che le sposti, le tocchi e le guardi; le porte e le finestre qualcuno ad aprirle e a chiuderle, il fuoco nel camino e nelle stufe a riscaldare ancora, le luci accendersi e poi spegnersi, i vestiti a infilarsi addosso, il silenzio ad aspettare i passi, il brusio delle voci, gli specchi a specchiare i corpi, i vetri ad appannarsi di fiati, riverberare le luci. C’è un silenzio fermo, ricamato da tanti piccoli rumori, tutto è lì che ancora aspetta chi abitava la casa.
Hanno pazienza le cose delle case abbandonate ma poi si stancano…

Mario Ferraguti in “La voce delle case abbandonate”

Paura d’amare

Johnny: Non devi più avere paura.


Frankie: Io ce l’ho invece. Ho paura. Ho paura di stare da sola, ho paura di non stare da sola. Ho paura di quello che sono, di quello che non sono, di quello che potrei diventare, di quello che non potrò mai diventare. Non voglio fare il lavoro che faccio per il resto della mia vita, ma ho paura di licenziarmi. E sono così stanca, sai, sono così stanca di avere paura.”

Dialogo tra i protagonisti in “Paura d’amare” di Garry Marshall con Al Pacino e Michelle Pfeiffer

Biblioteche a… Boston

“… mi ritrovo a passeggiare per gli altri edifici del campus, tra biblioteche universali dove mi posso aggirare tranquillamente cercando il libro che desidero e, soprattutto, trovando quello che non sapevo che esistesse ma che si è palesato ai miei occhi per prossimità a un altro, offrendomi nuove sinapsi tra i miei neuroni bibliografici. Il custode della biblioteca è stato costretto a intimarmi di uscire perché doveva chiudere…”

Maurizio Carta in “Romanzo urbanistico” nel capitolo dedicato a “Boston, l’europea”

New Orleans

“Come tutte le città sulla foce dei fiumi il suo rapporto con l’acqua non è lineare (longitudinale come le costiere o trasversale come le fluviali), ma è complesso, immersivo: l’acqua si palesa dove non ce lo aspettiamo, dolce e salata al contempo come il suo cibo, preziosa ma fonte di dolore come durante le catastrofiche inondazioni. Qui l’acqua è inizio e fine…”

Maurizio Carta in “Romanzo Urbanistico”

L’autunno è…

“… l’autunno è una poesia dolcissima tra quello che è vecchio e quello che arriverà. Le foglie che hanno fatto il loro tempo fanno spazio a quelle che nasceranno, consegnandosi alla terra.

È un gran cadere, quello della foglia, pieno di passione e speranza. Perciò sono dipinte di rosso, arancio e sembrano più belle: sono innamorate. Lo sanno bene loro che l’amore è una promessa per chi verrà dopo».

Valeria Tron in “Pietra Dolce”

Il limitare del letto del fiume ricorda i dintorni dei binari della ferrovia

“Il limitare del letto del fiume ricorda i dintorni dei binari della ferrovia. Piante e sassi si mescolano in un disordine giovane e più o meno abitato. Qui la scarsa presenza dell’umano attira camminatori che hanno voglia di inoltrarsi in un angolo silenzioso accompagnato dal suono dell’acqua che muta al mutare delle stagioni e che oramai per lunghi mesi lo si aspetta come un suono antico e prezioso, che non sappiamo il tempo che durerà. Solo che il fiume si sposta, a differenza dei binari, e a ogni stagione perdi i punti di riferimento che dicevano una via, un sentiero, e devi ricominciare da capo. A percorrere lo snodo del fiume ci si ritrova nel mezzo della frattura che separa due versanti e che a nord arriva fino alla pianura e a sud risale le terre alte fino alle sorgenti nei pressi dell’Alpe.

Elisa Veronesi in “Atlante appenninico: un’ecobiografia”