“Il dipinto di Ferrari, grazie ad un sapiente uso delle tinte e dei contrasti cromatici, coglie la complessità dei terrazzamenti, traguardandola nell’arte: ci ricorda come il paesaggio agrario non è un paesaggio naturale ma è un paesaggio antropico, disegnato dalle mani dell’uomo attraverso un lavoro lungo e faticoso di modellamento dei versanti per renderli adatti all’attività contadina.”
Umberto Anesi in “Paesaggi terrazzati in Trentino”
“Sembrano quasi delle opere d’arte incastonate nel paesaggio capaci di evocare il raggiunto equilibrio fra uomo e natura, tra attività umane e ambienti naturali.
La naturale bellezza delle pietre, appoggiate una sopra l’altra per addolcire le forme aspre della montagna, rivela un fare artigiano che ha cercato nell’utilizzo dei materiali la ricerca del lavoro fatto con arte, intelligenza e sapienza pratica.
L’arte dei muri in pietra a secco è un prodotto della creatività umana, complessa e spontanea, derivata dalla fatica e dalla perizia di anonimi contadini che ritenevano “bella” l’opera se era fatta a regola d’arte, dimostrandosi duratura, efficace e utile per le esigenze che avevano portato alla sua realizzazione.”
Umberto Anesi in “Paesaggi terrazzati in Trentino”
“… è infatti auspicabile che le aree terrazzate possano essere sostenute con politiche mirate laddove ne venga riconosciuta l’intrinseca multifunzionalità.
Una prima funzione fondamentale è quella idrologica, per quella che lo storico Emilio Sereni nella sua Storia del paesaggio agrario italiano ha definito “economia dell’acqua”: percorsi e superfici drenanti, sistemi di raccolta, rilascio lento e distribuzione della risorsa idrica – in tempi in cui la sfida climatica richiede di gestire oculatamente un bene prezioso ma anche bizzoso per la frequenza degli eventi estremi – devono essere al centro di un’adeguata cura, studio e manutenzione; a questa prima funzione si associa quella ecologica, sia dei muri di sostegno in pietra a secco, sia delle modalità di conduzione agricola sul campo, con forme di agroecologia o agricoltura biologica che riducano al minimo l’impatto carbonico e ambientale.
A queste funzioni ambientali vanno associate altre funzioni, di carattere sociale ed economico: dovrebbero infatti essere privilegiati i contesti socioculturali “ad alta consapevolezza”, dove vi siano già realtà attive e interessate, e in tali contesti va favorita la cooperazione, il coordinamento, il riordino fondiario utile ad evitare sacche di incuria o abbandono.
Vanno tenute in considerazione infine anche le valenze colturali ed economiche in senso più ampio, tali da garantire una redditività e una opportunità di vita per chi si fa carico degli oneri di manutenzione, di quello che il geografo Werner Bätzing ha definito “lavoro riproduttivo“: in questo caso, il sostegno si configura come facilitazione burocratica o come incentivo che consenta interventi di miglioramento fondiario e/o di innovazione di processo che risultino compatibili con gli altri profili.”
(…)
“Buona parte dei terrazzamenti italiani sono stati abbandonati non perché il loro destino fosse ineluttabile, ma perché la società e l’economia hanno voltato loro le spalle, condannandoli così a collassare su sé stessi. Non è un destino definitivo, a patto che si creino le condizioni perché essi possano esercitare una funzione plurima: produttiva, ambientale e sociale insieme.”
Mauro Varotto in “Paesaggi terrazzati in Trentino”
“Nel mio girovagare per le silenziose stradette di Pian (di tanto in tanto incontravo dei contadini intenti al governo delle bestie) disturbai la beata siesta di un grosso cane pastore di carattere sommamente irritabile, disteso al sole novembrino in mezzo alla pista di Fossal. La reazione del can-pastore tu sì brusca e turbolenta che rinunciai a proseguire.”
“Ci sono case del XVI secolo; altre dei secoli successivi. Tutte conservano un motivo di piacevole meditazione. Ecco quella al limite dell’agglomerato, fondata nella china sì da permettere il pieno sfruttamento del prospetto a valle e da dar tepore costante alla stalla seminterrata. Reca sulla porta di abete il segno d’una delle ultime tradizionali visite beneauguranti dei Re Magi: 1836. G (aspare), M (elchiorre), B (aldessare).
Il plastico aggetto esterno del forno da pane sta crollando, le assi di larice del tetto si sfaldano, la stua dalle credenze dipinte e dalla gran mussa è ancora impregnata da un acuto odore di pecora.
Più in là, presso il monumentale fienile ligneo a barcons rallegrato da una di quelle singolari fontane perenni di assi di abete dette festil, e che hanno sostituito gli enormi tronchi scavati, si ammira nell’interezza della tradizione una tipica casa ladina. Una tettoia di scandole protegge l’ingresso dalla neve ammucchiata dal vento.”
“Camminare è un atto essenziale: un gesto antico, quotidiano, che ci mette in relazione con lo spazio e con il tempo, con chi ci ha preceduto e con chi verrà dopo di noi.
Flavio Faganello lo ha fatto per decenni, percorrendo instancabilmente le strade e i sentieri del Trentino-Alto Adige. Attraverso la fotografia, ci ha restituito una memoria viva del paesaggio, delle comunità e delle loro trasformazioni. (…)
Il cammino è esperienza centrale anche nel percorso dell’uomo credente. Ce lo attesta anche il Giubileo di cui siamo protagonisti.
Mettersi in cammino significa riscoprire il valore dell’incontro, della ricerca, della memoria che si fa racconto. Così, le fotografie di Faganello ci invitano a sostare, a osservare con rinnovata attenzione, a interrogarci su ciò che permane e su ciò che cambia. In tondo, a ritrovare motivi di speranza.”