"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Non fate studiare architettura ai vostri figli.

“Non fate studiare architettura ai vostri figli. Non ne vale la pena. Se lo fate per il successo, per il denaro, per la fama, insisto, è un consiglio spassionato: lasciate perdere. (…) È il peggior investimento che potreste fare, quindi non fatelo.

(…) nonostante tutto insistete a voler iscrivere i vostri virgulti in quelle bolge dantesche che sono le facoltà di architettura italiane?

Be’, allora fatelo. Fatelo davvero. Perché, in fondo, (…) di certo state facendo frequentare loro la più bella delle facoltà universitarie, la più stimolante, la più variegata.

Perché l’architettura è una disciplina che si pone in un crocevia dove soffia da una parte il vento della cultura umanistica e dall’altra quello della cultura scientifica e dell’innovazione. Perché un architetto deve sapere di tecnologia, di sociologia, di storia dell’arte, di restauro, di tecnica delle costruzioni, di estetica, di urbanistica, di composizione. Perché è l’ultima disciplina ancora perfettamente rinascimentale, dove tutto rimanda ad un tutto. Di quelli che si laureano nessuno o pochissimi faranno la professione, ma tutti sapranno trovarlo un lavoro, qualunque lavoro. Perché la disciplina dell’architettura prevede una flessibilità mentale, una capacità di adattamento alle situazioni, un senso del progetto, che servono a prescindere dal lavoro che stai facendo.

Perché un architetto è, in soldoni, un coordinatore di processi complessi, è come il regista di un film, che non recita, non scrive il soggetto, non compone la colonna sonora, non si occupa del montaggio, dell’editing, del casting. Eppure fa tutto, è dappertutto, parla con tutti, con ognuno ha qualcosa da dire. Ecco la grandezza di questa disciplina, ecco perché è bello studiarla. E non solo.

L’altro grande dono che ti dà è lo sguardo. La capacità di interpretare lo spazio, di dialogare con le forme – urbane o minute, quotidiane o storiche -, di comprendere il potenziale iconografico del reale e del virtuale.

Questo ti dà lo studio dell’architettura.”

Gianni Biondillo in “Metropoli per principianti”

Già, le rondini.

“Già, le rondini. Non ne ho scorto i nidi, o i loro resti scrollati dal vento, sotto le gronde dei tetti. Forse nella bella stagione li avrei notati; ora l’inverno non ha smesso la presa e, del resto, le rondini, rifuggono i luoghi trascurati dagli uomini. Sono come i passeri o i pettirossi. Hanno bisogno della loro vicinanza.”

Braila (Arco), febbraio 1968

Aldo Gorfer in “solo il vento bussa alla porta”

E allora sarà veramente la fine.

“La mancanza di strade carrozzabili ha tagliato fuori dal mondo Cerana. Il luogo è perciò una genuina testimonianza di paese antico che è stato evacuato da più secoli quale sede permanente.

Il paesaggio, ravvivato dai gruppi di case sparse tra il verde, ombreggiate dai noci, spalancato sul severo profilo dei monti, è altrettanto ospitale di quello di Iron con la differenza che non è disturbato da alcuna aggressione moderna.

Di Cerana non si è fatto ancora un mito. È un paese che vive solo nella storia e nelle leggende e che tale resterà fino a quando le prime petulanti automobili non si affacceranno tra i suoi campi deserti. E allora sarà veramente la fine.”

Cerana (Ragoli), novembre 1967

Aldo Gorfer in “solo il vento bussa alla porta”

Camminando, nessun luogo è lontano

“… la geografia si dovrebbe imparare non sui libri di scuola ma lungo i sentieri, ragionando in termini di passi, di eremi, di crinali, di alberi e di vallate.

Camminando, nessun luogo è lontano.”

Emiliano Cribari in “Diari Casagliesi”

La nebbia

“La nebbia nasconde il paesaggio e a volte è meglio così.”

Gino Cervi in “La fabbrica della nebbia”

Dentro c’è una nuvola

“Così mi viene in mente quel monaco buddista vietnamita che posando gli occhi su una pagina intuisce che non si tratta solo di una pagina.

Dentro c’è una nuvola, perché senza una nuvola non ci sarebbe la pioggia. Dentro c’è pioggia, perché senza la pioggia gli alberi non crescerebbero. Dentro ci sono gli alberi, perché senza gli alberi non potremmo fare la carta…”

Paolo Ciampi in “Il sogno delle mappe”