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21.10.2011_I cattolici dopo Todi. Intervista a Giorgio Lunelli

da Vita Trentina – di D. Andreatta
Uno dei punti condivisi a Todi è la consapevolezza di essere alla fine di un’epoca e all’inizio di una stagione nuova, qualcuno ha parlato addirittura di un’ora “decisiva”. A vostro avviso, che cosa è finito e cosa deve iniziare?

Credo sia finita la stagione del populismo dei sogni, quello dell’antagonismo territoriale, quello dell’invidia sociale e della cultura del “tutto e subito” che ha caratterizzato questi ultimi anni. Serve una nuova stagione della “responsabilità”, perché non ci può essere futuro se non si è capaci di dire la verità (anche scomoda), se non si abbandona la tentazione del consenso a basso prezzo, se la politica non saprà spiegare che non ci può essere futuro se – per citare Aldo Moro – non si saprà accompagnare la stagione dei diritti con una nuova stagione dei doveri.

L’impegno delle realtà cattoliche riunite a Todi vuole essere prepolitico: si smentisce con forza una riedizione del partito dei cattolici (una nuova DC), ma in molti di fatto invocano una rappresentanza politica meno frammentata, a rischio diaspora. Per voi l’obiettivo del cammino avviato a Todi quale deve essere?

Rincorrere nostalgie del passato (quando ben altre erano le condizioni nazionali ed internazionali) rischia solo di portare al torcicollo. Oggi c’è un grande bisogno di capacità di discernimento, di capacità propositiva, di testimonianza civile e sociale. I cattolici – su questo terreno – devono essere protagonisti. Non tanto in un improponibile nuovo partito cattolico, ma nella capacità di essere lievito di buona politica, di lavorare – ognuno per la propria parte – per la realizzazione del bene comune o, se si vuole, di una società più equa.

A Todi si è parlato anche del rapporto della politica con l’economia, con la società civile, con la forma-partito, con le giovani generazioni. Quale spunto – ditelo, se volete, con una citazione – ritenete più innovativo e importante in questa fase politica?

Qualcuno ha detto – anni fa – che i nostri giovani rischiano di esser parte di una generazione “senza padri, né maestri”. Oggi i nostri giovani rischiano di essere anche “senza futuro”. Una nuova fase politica ha bisogno di padri, di buoni maestri e soprattutto di capacità di costruire una comunità dove nessuno si senta escluso. C’è bisogno di cittadinanza inclusiva perché solo un vero protagonismo di ognuno – la capacità, cioè, di ciascuno di “assumere responsabilità” – può essere fondamento di una nuova casa comune.

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