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Radici, metafore e Cristianesimo

La settimana scorsa ho effettuato il mio primo acquisto on-line acquistando due libri molto diversi tra loro: “Contro le radici” di Maurizio Bettini e “Le sante dello scandalo” di Erri De Luca.

Il primo libro (Contro le radici) riflette sul significato delle parole identità e tradizione e sulla metafora – oggi molto utilizzata – delle radici, sostenendo che si tratta di una metafora inappropriata, e per giunta escludente, in quanto l’identità non è qualcosa che si trasmette con il DNA delle persone e la tradizione non è trasmessa meccanicamente da una generazione all’altra ma al contrario l’identità e la a tradizione di una popolazione sono continuamente arricchite con il passaggio delle generazioni e con i contatti con altre identità/tradizioni. L’autore propone quindi l’utilizzo di una metafora “orizzontale” – da contrapporre a quella “verticale” dell’albero con le radici – che vede la tradizione raffigurata da un alveo di un fiume in cui – via via – si immette l’acqua proveniente da una miriade di “fonti, ruscelli, torrenti, affluenti” che concorrono poi a formare un corso d’acqua maggiore.

Il secondo libro (Le sante dello scandalo) ricorda la storia delle cinque donne – tutte straniere – inserite, assieme ad altri 37 uomini, nella linea genealogica di Gesù dall’evangelista Matteo; si tratta di storie molto particolari utilizzate da Erri De Luca per rivisitare il ruolo femminile nell’Antico Testamento. Erri De Luca stesso in un’intervista ha dichiarato che “Le sante dello scandalo” “sono state donne straordinarie che si sono imposte con le loro diversità in un contesto maschile molto legale: con la loro disobbedienza alle leggi le hanno in realtà meglio applicate”.

La lettura, molto vicina nel tempo, dei due libri mi ha fatto cogliere, un’ulteriore caratteristica delle cinque “Sante”: si tratta di cinque donne straniere appartenenti “a popoli presenti nella terra promessa prima della conquista” da parte del popolo ebreo.

E’ così possibile affermare che l’identità e la tradizione cristiana si è formata – come il fiume della metafora sopracitata – mediante il continuo affluire di diversi contributi sia interni che esterni; in questo modo il concetto di “purezza di sangue” è stato definitivamente allontanato dalla storia ebraico-cristiana.

In definitiva, come scrive Erri De Luca, “il Messia è meticcio” e ciò “è una lezione grandiosa, poco risaputa e poco ripetuta”.

In altre parole: quando si parla di tradizione, identità, e valori cristiani non possiamo fare riferimento alla metafora delle radici ma, semmai, utilizzare la metafora del grande fiume che – scorrendo lento nel fondovalle – si arricchisce dei materiali trasportati dai suoi affluenti.

Un commento

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