"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Ancora sugli incidenti stradali

Purtroppo lo studio dell’ACI conferma quanto già affermato in un  precedente post: il 96% dei sinistri è imputabile al fattore umano.

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da L’Adige del 23 settembre 2009

L’Automobile club d’Italia (Aci) ha firmato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il protocollo d’intesa per la formazione dei conducenti che prevede l’avvio di uno studio sull’efficacia dei corsi di guida avanzata e sui potenziali vantaggi per la sicurezza stradale.

Il documento rappresenta un riconoscimento dell’impegno dell’Aci per la mobilità e un segnale delle istituzioni alla prevenzione degli incidenti stradali che provocano ogni anno oltre 5.000 morti e 300.000 feriti.

La distrazione e la sopravvalutazione delle proprie capacità alla guida sono le prime cause di incidente.

Il 96% dei sinistri è imputabile al fattore umano.

Per l’occasione sono stati diffusi anche alcuni dati: nel 2007 gli incidenti sono stati 3.124 in Trentino Alto Adige, con ben 87 morti.

Per quanto riguarda le principali cause d’incidente, sempre in Trentino Alto Adige il 16% dei sinistri è stato causato da guida distratta, con al secondo «posto» velocità e corsa contromano: queste due ultime cause raggiungono il 14% del totale.

A proposito di incidenti stradali

“Smettiamo di affibbiare la colpa dei nostri incidenti sempre agli altri e sforziamoci di guidare tenendo conto che:

1) non siamo su una bicicletta ma su un veicolo del peso di circa 1 tonnellata;

2) gli altri guidatori possono sbagliare;

3) le strade non possono essere sempre larghe, in piano e diritte ma che, alcune volte sono presenti anche le curve.

Forse, così facendo, riusciremmo a limitare, oltre agli incidenti causati direttamente da noi, anche quelli degli altri!

Le librerie muoiono in totale silenzio: addio cultura trentina

di PINO LOPERFIDO (da L’Adige di sabato 19 settembre 2009)

« Guardi, sono veramente demoralizzata. Mi arrendo. Chiudo». Questo il commento di una storica libraia di Riva del Garda che dopo anni di onorato servizio è costretta a chiudere i battenti dalla pressione della concorrenza. Stesso destino per la libreria per ragazzi «Il pesciolino d’oro» di Via Roggia Grande a Trento, a soli 24 mesi dall’apertura.

Anche il Trentino, insomma, paga lo scotto della crisi dei consumi, del caro affitti, ma soprattutto dell’avvento dei grandi magazzini del libro, megastore, supermercati e quant’altro. Un vero e proprio valzer degli addii che sta attraversando la nostra Penisola. Le piccole librerie indipendenti stanno chiudendo e, se non chiudono, vengono acquisite dalle grandi catene e riconvertite in megastore, appunto.

Il mercato è diventato estremamente aggressivo. Questi «grandi magazzini del libro» possono permettersi sconti incredibili, e i piccoli in questo sistema malato non possono competere.

Tuttavia non vogliamo cedere alla tentazione di un luogo comune abbastanza diffuso, secondo il quale le piccole librerie sono posti magici e romantici e i megastore sono volgari, orribili. Luoghi vitali; limitati, ma portati avanti con sapienza artigianale e passione i primi, impersonali e accoglienti come un duty free dell’aeroporto di Singapore i secondi.

La verità si colloca certamente nel mezzo. Quasi nel mezzo. Difficile e pericoloso, dunque, generalizzare. Ognuno è comunque libero di preferire la completezza dell’offerta alla competenza e all’esperienza del libraio, i vantaggi di una allettante tessera-punti alla condivisione di una passione, l’aria condizionata alla fascinosa polvere, Faletti e Larsson a Buzzati e Pavese.

Il problema, per quanto riguarda la realtà trentina e per tutte le altre isole culturali regionali, è un altro. La scomparsa delle nostre librerie storiche ha una conseguenza devastante: il rischio di portare all’estinzione della cultura locale. O meglio, di privarla del veicolo essenziale affinché essa venga trasmessa alla gente: le librerie.

I grandi megastore ospitano malvolentieri i libri locali. I distributori devono sovente fare il diavolo a quattro per convincerli a tenere in vetrina un Gorfer, un Rogger o un Faganello. Stendiamo un velo pietoso sulla competenza di certi commessi, che spesso rispondono alle richieste dei clienti con l’aria di chi non ha ancora capito esattamente cosa diavolo si vende lì dentro. Convincerli a cercar di convincere i responsabili a tenere un libro trentino tra i grattacieli di Camilleri e Brown è un’attività avvilente. Pare insomma di domandare la luna. Facciamo i nostri migliori auguri a tutti i librai che combattono ogni giorno, con tenacia la loro battaglia (compresi certi piccoli franchising che si prendono a cuore i prodotti locali), ma non è difficile prevedere che presto non vi sarà più spazio per una diffusione della cultura trentina. Il libro è il veicolo culturale per eccellenza. È attraverso le pagine di un romanzo o di un saggio storico che si trasmette ai posteri l’identità di un popolo.

A fronte di quanto detto, suscita una certa curiosità il silenzio della Provincia autonoma di Trento. Impegnata su fronti molteplici dell’economia a sostenere, foraggiare e incoraggiare le attività più diverse, pare davvero strano che ancora nulla di concreto si sia pensato di fare per arginare la scomparsa delle piccole librerie. Pare fin troppo ovvio quanto bisogno ci sia di una legge che regolamenti il mercato, un po’ come avviene in Francia. E la nostra natura di provincia autonoma ci permetterebbe anche di non dover attendere la burocrazia romana prima di fare qualcosa di concreto. Quindi… Sovvenzioni particolari a chi decide di aprire una libreria (soprattutto) di libri trentini, sgravi fiscali, contributi a fondo perduto per il pagamento degli affitti, obbligo per i megastore di destinare un minimo di esposizione ai libri locali, curare la distribuzione regionale ed extra regionale dell’editoria trentina.

Le strade per aiutare le piccole librerie indipendenti sono tante e tutte percorribili. Per intanto ci auguriamo che possa sorgere un dibattito e che la Provincia, ovvero l’assessorato alla Cultura possa fornirci delle rassicurazioni. I libri che parlano di noi e della nostra storia siamo noi stessi che aspiriamo all’eternità.

Ancora sui controlli della velocità

da L’Adige di sabato 19 settembre 2009

Basta guerra agli autovelox Servono per la sicurezza di Margherita Tomasi

Egregio direttore, mi chiamo Margherita e le scrivo perché sono stufa di trovare sui giornali le lettere di gente egoista, prepotente e incosciente. Ci sono persone che assurdamente lamentano mancanza di segnalazioni di autovelox, di vigili e poliziotti che si nascondono, ecc. ecc. E nessuno spezza una lancia a favore di queste persone che ogni giorno rischiano la vita per uno stipendio da fame, e per dare un po’ di sicurezza alla gente normale. Perché io non considero «normali» le persone che pretendono di correre a loro piacimento in galleria, su strade ad alto rischio di incidenti, di parcheggiare dove vogliono. E pretendono pure di essere avvisati con cartelli sulle strade dove e quando ci sono le postazioni di controllo! Riguardo agli autovelox, non vedo dove sta il problema: se si rispettano i limiti, che importanza ha che ci siano o no? Questa gente vorrebbe fare il comodo suo, senza rispettare niente e nessuno. Se poi qualcuno attraversa la strada sulle strisce pedonali e viene investito da qualcuno di questi «signori», ovviamente è colpa sua! Come se una persona che viene uccisa da un proiettile sparato da un fucile, avesse la colpa di essersi trovata sulla traiettoria del proiettile… Lo sparatore assassino, naturalmente è innocente! Un’ultima cosa: quando qualcuno di questi furbetti che tanto denigrano le forze dell’ordine provoca un incidente e ferisce o ammazza qualcuno, è sempre il primo a lamentarsi e a dire che «quando serve, non si trova mai un vigile…». Come se un vigile potesse arginare la sua follia.

Scuola, ben venga il calendario alla francese

Scrive Lorenza Pedrini di Lasino su L’Adige di domenica 13 settembre

In merito all’articolo apparso il 2 settembre sull’«Adige» riguardante la scuola, io proporrei per l’assessore provinciale all’istruzione Marta Dalmaso un processo di beatificazione! Non mi resta che complimentarmi con la sua proposta finalmente davvero innovativa e pratica, utile sia agli studenti, insegnanti e genitori. Mi auguro che tale sondaggio, sulla base del modello tedesco e francese, dia risultati positivi affinché, con un’adeguata e necessaria apertura mentale, possa essere modificato anche per l’Italia il calendario scolastico soprattutto sulla proposta delle vacanze estive più corte. Penso che, soprattutto gli studenti trarrebbero maggior beneficio nell’avere più pause durante l’anno scolastico che non la mega pausa estiva. I tre mesi estivi a mio parere non fanno altro che annoiarli e nonostante se ne dica dei compiti, a mio avviso non servono a nulla se non a stressare studenti e genitori. Molto positiva è stata la recente sperimentazione francese di un libretto a quiz dove pure anche sotto l’ombrellone diventa piacevole sia per i ragazzi e genitori mettere alla prova la propria conoscenza di cultura generale. Sarebbe da interessarsi per adottarlo anche in Italia con l’incentivazione della lettura di qualche buon libro. E ora passo alla mia nota polemica visto che alla fine noi «altri-lavoratori» l’estate, oltre al nostro abituale lavoro, dobbiamo trasformarci in assidui consulenti nell’esecuzione dei compiti. Sarei felice che qualcuno mi spiegasse il motivo di come mai esiste una categoria di lavoratori che per i 3 mesi estivi + 15 giorni a Natale +1 settimana a Pasqua + vari ponti + 3 giorni a disposizione, rimane assente, delegando come ormai è da rituale la ripetizione e il supporto dell’attività didattica, ai genitori. Noi «altri-lavoratori» ricordo che di ferie ne possiamo fruire circa 32 giorni, chi più chi meno e da distribuire su tutto l’anno (non quello scolastico). Chiedo ai sindacati «Ma che sono i giorni a disposizione? Possiamo fruirne anche noi?». Spesse volte un genitore medio utilizza le sue meritate «vacanze» solo dopo aver preso visione del calendario scolastico per non lasciar scoperti i ragazzi…e si fa di tutto pur di arrivare alla metà di settembre con il tormentone dei fatidici «compiti» che si presenta a inizio estate, si accentua in questi sgoccioli di tempo per poi ripresentarsi nei weekend.

Calendario scolastico, sto con la Dalmaso

Scrive Stefano Mariani su L’Adige del 4 settembre 2009

Sono un padre di tre figli residente e Trento.

Ho letto l’articolo sull’Adige riguardante l’assessore Marta Dalmaso e la questione delle vacanze scolastiche e porgo le mie più sincere congratulazione all’assessore per la questione sollevata. Temo però che sarà dura combattere le lobby che si opporranno duramente alla proposta assolutamente attuale, funzionale e costruttiva.

Tre mesi (dal 10 giugno al 10 settembre) oggi giorno (nella maggior parte dei casi entrambi i genitori lavorano) infatti sono a mio avviso un’assurdità. Inoltre alla ripresa dell’anno scolastico prima che lo studente sia nuovamente a regime trascorre un altro mese, quindi comincia a produrre verso ottobre. Il calendario scolastico italiano così com’è strutturato non garantisce la continuità nello studio e i ragazzi nei tre mesi estivi per forza di cose ne risentono perdendo molte delle conoscenze acquisite.

I genitori/lavoratori (dipendenti) possono disporre di 20/25 giorni di ferie all’anno, nei casi migliori, e personalmente non comprendo quindi perché i nostri figli studenti invece beneficiano di un periodo così lungo di vacanza che è diseducativo e difficile da impegnare totalmente, solo con l’aiuto dei genitori.

A mio avviso l’Italia è arretrata a livello Europeo in tante questioni, soprattutto in quelle sociali che possano riguardare l’intera collettività e non solo gli interessi del singolo. I cambiamenti quelli significativi e lungimiranti sono, nel nostro Paese, difficili da attuare perché a mio avviso è soprattutto radicato il tradizionalismo e le novità sono sempre viste con diffidenza e ignoranza (nel senso etimologico della parola, quindi senza offesa per nessuno).

Manca il coraggio di osare, contrariamente all’ipocrisia e alla retorica che invece dilagano.

Pertanto io sostengo moralmente la Sua proposta.