"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

“Ipotesi per la descrizione di un paesaggio” di Italo Calvino

“Ogni volta che ho provato a descrivere un paesaggio, il metodo da seguire nella descrizione diventa altrettanto importante che il paesaggio descritto: si comincia credendo che l’operazione sia semplice, delimitare un pezzo di spazio e dire tutto ciò che vi si vede; ma ecco che subito devo decidere se ciò che vedo lo vedo stando fermo, come di solito stanno i pittori, o almeno stavano, al tempo in cui i pittori dipingevano paesaggi dal vero – tempo che è durato tre secoli a dir tanto, cioè una fase molto breve della storia della pittura – oppure lo vedo spostandomi da un punto all’altro entro questo pezzo di spazio in modo da poter dire quello che vedo da punti diversi, cioè moltiplicando i punti di vista all’interno di uno spazio tridimensionale. Questo secondo sistema si presenta come il più giusto quando si tratta di uno spazio piuttosto ampio, che l’occhio non può abbracciare in un solo sguardo; e d’altra parte lo scrivere è un’operazione di movimento di per se.

Anche se adesso che sono seduto qui a scrivere sembro fermo, sono gli occhi a muoversi, gli occhi esteriori che corrono avanti e indietro seguendo la linea di lettere che corre da un margine all’ altro del foglio, e gli occhi interiori che anche loro corrono avanti e indietro tra le cose sparpagliate della memoria, e cercano di dare loro una successione, di tracciare una linea tra i punti discontinui che la memoria conserva isolati, strappati dalla vera esperienza dello spazio; devo ricostruire una continuità che si è cancellata nella memoria con l’orma dei miei passi o delle ruote che mi portavano lungo percorsi compiuti una volta o centinaia di volte. Dunque è naturale che una descrizione scritta sia un’operazione che distende lo spazio nel tempo, a differenza di un quadro o più ancora di una fotografia che concentra il tempo in una frazione di secondo fino a farlo sparire come se lo spazio potesse esistere da solo e bastare a se stesso.

Ma bisogna subito dire che mentre io scorro nel paesaggio per descriverlo come risulta dai diversi punti del suo spazio, naturalmente è anche nel tempo che scorro, cioè descrivo il paesaggio come risulta nei diversi momenti del tempo che impiego spostandomi. Perciò una descrizione di paesaggio, essendo carica di temporalità, è sempre racconto: c’è un io in movimento, e ogni elemento del paesaggio è carico di una sua temporalità cioè della possibilità d’ essere descritto in un altro momento presente o futuro.”

di Italo Calvino

Recensione di Salvatore Picciuto del libro GARDUMO 77.78|17.18

Tra le pubblicazioni ricevute negli ultimi tempi, oggi volevo ringraziare e complimentarmi con Guido Benedetti per il suo attento lavoro fotografico, sintetizzato nelle 40 immagini presenti all’interno del volume [GARDUMO 77.78|17.18], su un percorso battuto quaranta anni prima dal geografo triestino Alessandro Cuccagna. Altro bel modo di osservare e fotografare il territorio.

link dal “post facebook

Messaggio di Giovanni Minervini

Personalmente mi è piaciuta molto la rilettura del diario in termini fotografici. Un aprire e chiudere sui dettagli che mi ha immediatamente reso familiari quei luoghi pur non avendoli mai visitati. È stata un’esperienza immersiva in luoghi, cultura e tradizioni di un territorio meraviglioso pieno di bellezze e contraddizioni. Il mio interesse ha suscitato la curiosità di mia moglie che insegna geologia e idrogeologia all’università. Lei leggeva l’aspetto geologico/geografico, io quello del linguaggio fotografico. Insomma una radiografia completa. Il libro è davvero bello sia per i contenuti che per la forma. Ottima la resa di stampa e un editing curato nei dettagli.

Hai rappresentato così bene la val di Gresta che – come ti ho già scritto – attraverso le tue descrizioni e le immagini per me è stato come calpestare quei luoghi attraverso la tua guida ‘virtuale’. La trasmissione [della puntata di FPmag dedicata a GARDUMO] è stata davvero molto bella, unica direi. La partecipazione del curatore è stata una scelta più che mai azzeccata ed ha restituito, a chi vi ascoltava, quanto lavoro e quanta conoscenza c’è dietro delle ‘semplici’ immagini. Complimenti davvero, sinceri. Credimi, di lavori così non se ne vedono tanti in giro.

Il vero viaggio di scoperta…

“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel possedere altri occhi, vedere l’universo attraverso gli occhi di un altro, di centinaia d’altri, osservare il centinaio di universi che ciascuno di loro osserva, che ciascuno di loro è”.
Marcel Proust

L’inferno dei viventi…

“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.

Due modi ci sono per non soffrirne.

Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.

Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”

da “Le città invisibili” – Italo Calvino –

Le pietre dell’arco

“Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.
– Ma qual’è la pietra che sostiene il ponte – chiede Kublai Kan.
– il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, – risponde Marco Polo, – ma dalla linea dell’arco che esse formano.
Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge:
– Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che mi importa.
Polo risponde: – Senza pietre non c’è arco.”

da “Le città invisibili” – Italo Calvino –