"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Sull’editore

“Si scrive in solitudine. Le parole fanno un suono «interno», non escono in superficie fino a che qualcun altro le legge.

(…)

Questo significa che la pubblicazione, per me, è l’uscita da me stesso, anzi la liberazione da me stesso, e dunque, da molti punti di vista, la soluzione di ogni problema. La pubblicazione mette fine al mio terrore di essere inascoltato e alla mia insicurezza – ovvio -, ma anche alla mia vanità, alla mia alterigia, perché fino a quando le mie parole non sono pubbliche io posso anche illudermi di essere un genio incompreso…

(…)

Non è per piaggeria, è per onorare i fatti che dico che una parte non piccola del merito è del mio editore. Il mio primo lettore. Se fossi rimasto in balia delle mie insicurezze e della mia presunzione (devo scrivere un capolavoro!), magari quel libro non sarebbe mai uscito. O sarebbe uscito appesantito, mesi dopo, anni dopo, da continue riscritture che gli avrebbero levato l’ingenuità, l’immediatezza, quel «fuori dai denti» che ne ha fatto la fortuna.

Naturalmente gli editori sono anche una controparte.

Con loro hai firmato un contratto. Per loro sei un limone da spremere. Ma negli anni ho stabilito che questo rapporto di assoggettamento è salutare. Qualcuno che ti dice: guarda che devi consegnarmi la roba pattuita, secondo contratto, è anche qualcuno che ti aiuta a prendere le misure dei tuoi limiti e dei tuoi bisogni.

Michele Serra in “Sull’editore” – tratto da “A proposito di libri” edito da Iperborea

I libri hanno il potere magico delle cose preziose che ti fanno ritrovare la strada.

“I libri sono diventati così i miei oggetti preferiti. Oggetti, prima ancora che parole scritte, i libri avevano il potere magico delle cose preziose che ti fanno ritrovare la strada.

Copertine preziose che, pur nell’economicità della stampa moderna, da sole bastavano a contenere tesori che intuivo essere importanti.

Storie, narrazioni, racconti, immagini quello che ci resta per ritrovare casa, quello che non è abbastanza, ma è meglio di niente e che incominciava ad apriva crepe nel pavimento al quarto piano diventando presto un’ossessione.”

Elisa Veronesi in “Atlante appenninico: un’ecobiografia”

Mente e paesaggio

“Se non ci limitiamo a considerare il paesaggio una mera invenzione della modernità occidentale e andiamo oltre l’etimologia, a cinquantamila anni fa, scopriamo che Homo sapiens si è evoluto nel paesaggio e che la nostra mente è ancora strettamente correlata a questa evoluzione. Attraverso la capacità di movimento, punto di incontro tra paesaggio reale e paesaggio immaginato, l’animale umano ha costruito paesaggi e si è evoluto grazie all’immaginazione e alla comprensione del proprio ecosistema.”

Elisa Veronesi in “Atlante appenninico: un’ecobiografia”

Atlante appenninico: un’ecobiografia

Le piazze, le chiese, i palazzi civici italiani sono belli perché sono nati per essere di tutti

“Le piazze, le chiese, i palazzi civici italiani sono belli perché sono nati per essere di tutti: la loro funzione era permettere ai cittadini di incontrarsi su un piano di parità.
È per questo che la Repubblica – lo afferma l’articolo 9 della Costituzione – nel momento della sua nascita ha preso sotto la propria tutela il patrimonio storico e artistico della nazione: perché quel patrimonio è stato il luogo e lo strumento della formazione della comunità nazionale, visceralmente ancorata alle cento città d’Italia.”

Tomaso Montanari in “Le pietre e il popolo”

“Le pietre e il popolo” di Tomaso Montanari 

“… il vero capolavoro della nostra tradizione artistica è quella rete di relazioni tra oggetti, luoghi e persone che chiamiamo città. E, più precisamente, ciò che davvero conta è il nesso fra l’urbs (la città delle pietre) e la civitas (la città degli uomini).”

“… nulla si può capire dell’urbs, della città materiale, se non la si mette in connessione con le vicende morali e spirituali della civitas, la città degli uomini, cioè la società.”

“… è impossibile non capire che oggi l’urgenza culturale e civile è studiare, conservare e spiegare i contesti: non estrarre i singoli «capolavori» dai contesti per inserirli in mostre itineranti senza progetto scientifico.”

“Dobbiamo tornare a dire agli italiani di oggi che le loro città sono belle non per compiacere i turisti, ma per dar forma alla loro vita civile e politica. La forma della polis è forma della politica: per secoli la forma dello Stato, la forma dell’etica, la forma della civiltà stessa si è definita e si è riconosciuta nella forma dei luoghi pubblici. E per questo che la Repubblica – lo afferma l’articolo 9 della Costituzione – nel momento della sua nascita ha preso sotto la propria tutela il patrimonio storico e artistico della nazione: perché quel patrimonio è stato il luogo e lo strumento della formazione della comunità nazionale, visceralmente ancorata alle cento città d’Italia.”

Dall’introduzione di “Le pietre e il popolo” di Tomaso Montanari 

L’idea non è mai qualcosa di fulminante

“L’idea non è mai qualcosa di fulminante, che viene fuori con prepotenza, tutta intera, rigida. Non credo.

È un processo di costante approssimazione, un continuo tentativo di avvicinarsi al cuore di ciò che si intuisce ma non è ancora chiaramente definito. Insomma, credo che una grande idea la si riconosce quando è stata sviluppata molto bene, assecondata, lasciata libera di trovare la sua strada da sé, seguita anche lungo itinerari sbagliati e quindi ricondotta alle intenzioni iniziali. E forse quando un film viene male è perché ci si è fermati troppo presto.”

Francesca Archibugi intervistata da Eugenio Manca in “I ferri del mestiere”