"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Toponimi e storia

“Chi cammina sa bene cosa significano i nomi, i toponimi. Cosa significa inebriarsi dei suoni dei luoghi. Avere voglia di sedersi e di restare a masticarli per ore. E di chiedere a chiunque si incontri perché. Perché Cavallino? Perché Monte Filetto?”

La fine di un’avventura

“La verità, l’ho già detto, è che a me scrivere libri non piace. Preferisco sognarli, immaginarmeli. Scrivere mi fa penare, angosciare, soffrire. Quando finalmente mi metto sotto, quando mi chiudo nel bozzolo e mi immergo nella scrittura, faccio tutto come in apnea, trattenendo il fiato, quasi avessi paura delle mie deiezioni, del puzzo intollerabile delle mie stesse parole. Poi, però, quando vedo la luce in fondo al tunnel, quando ormai la strada è davvero in discesa, lasciate alle spalle le asperità del paesaggio scribatorio, quando ormai sono ad un passo dal mettere il punto finale, quello che non prevede a capo, ecco, li, in quel momento, mi prende come uno struggimento, una malinconia.

Mi manca già, prima ancora di liquidarlo definitivamente, proprio quello che per tutto questo tempo mi ha fatto soffrire. Mi comporto come un padre che non accetta l’idea che la propria figlia sia davvero cresciuta, che ormai abbia raggiunto la maggiore età e che abbia tutto il diritto di farsi una famiglia, una vita. Mi comporto come se non volessi che uscisse di casa, che mi abbandonasse. Mi coccolo quello che scrivo con una dolcezza pelosa e ridicola, lo cullo, tergiverso sulle parole, perdo tempo.

Gianni Biondillo in “Tangenziali”

È vero, chiudere un’avventura, un progetto, una ricerca, che ci ha molto appassionato è sempre difficile. La voglia è quella di continuare o, al limite, ricominciare. Poi si torna alla realtà e si assapora la “fine” dell’avventura con il pensiero già alla definizione della prossima.

un quartiere è come un romanzo

“… un quartiere è come un romanzo, ci sono capitoli che servono la storia, la trama, altri che esplodono nella loro lucentezza poetica, ma lo possono fare proprio perché esistono i capitoli precedenti. Così sono le case di questo quartiere. L’architettura è una disciplina complessa, semplificarla a ciò che appare al primo sguardo è l’errore tipico della nostra cultura, imbevuta di pregiudizi crociani.”

Gianni Biondillo in “Tangenziali”

crediamo nell’immutabilità delle città

“La prima cosa che vediamo, appena scesi dal tram, è il nuovo palazzone di Aldo Rossi, in via Maria Drago. (…) Io dico «nuovo» ma in realtà quel falansterio è lì da almeno vent’anni. Non c’è niente di nuovo, ormai ha già una sua storia. Ma il problema è che io mi ricordo cosa c’era prima. In fondo questa è la nostra condanna di uomini e di cittadini: crediamo nell’immutabilità delle città. Ci sentiamo come fossimo le coordinate zero dello spazio urbano (…)”

“Possiamo persino accettare che le persone cambino casa, che si trasferiscano, che si perda la loro traccia, che muoiano. Ma troviamo inaccettabile che le case possano essere abbattute Perché è come se da quei muri trasudino residui delle piccole vite di ognuno di noi, come se ne conservassero per sempre la memoria, come se fossero infestati di vite precedenti, proprio come i fantasmi nei castelli delle favole per bambini. Non a caso poniamo lapidi su questi muri: qui nacque, qui visse, qui morì.”

“Insomma, non se ne esce da questa spirale perversa, se non accettando che lo sbrego, che lo scarabocchio, facciano legittimamente parte della foto, che, insomma, la nostra memoria sia, nella sua selettività, arrogante e molto meno autorevole di quanto vogliamo accettare.”

Gianni Biondillo in “Tangenziali”

Viaggiare, leggere e scrivere

“… quand’ero bambino i libri che consultavo di più, ci passavo le ore, erano il vocabolario e l’atlante. Ogni parola nuova era una scoperta epocale per me.

Ogni piccolo borgo appenninico o himalayano un viaggio da fare. Anche per questo non ho mai trovato oppositive le due attività, quella del viaggiare e quella dello scrivere – anzi, meglio, del leggere ché prima d’essere scrittori abbiamo il dovere e il piacere d’essere appassionati lettori.

Gianni Biondillo in “Tangenziali”

Le espressioni

“Erano montagne da scalare, anche quelle. Passo dopo passo. Secondo una regola implacabile e lenta. Poi, però, via via che i numeri si sfoltivano, che i nodi si scioglievano, che la meta si avvicinava, sentivo il purificante piacere di togliere, di assottigliare, di ridurre il traffico snervante dei numeri all’essenziale, al risultato minimo che fa tirare il fiato.

Finire l’espressione era come disfare una valigia dopo un viaggio: guardare l’armadio e ritrovare tutto come prima.”

Emiliano Cribari dagli “appunti” de “la vita minima”